Crocifisso ligneo nella navata destra

Dalla navata destra si accede alla sacrestia, già Oratorio di San Leonardo, qui trasportata nel XVII secolo; al suo interno sono alcuni mobili in noce del secolo successivo, sul paratorio è un bel Crocifisso in legno policromo, forse eseguito sullo scorcio del XVI secolo. Nella parete di fondo, all’interno di una nicchia, è un affresco della seconda metà del XV secolo raffigurante la Vergine col Figlio tra i Santi Cristina ed Antonio Abate; al centro della parete è una bella macchina processionale in legno dorato del 1740; sulla parete opposta sono affisse alcune epigrafi di età imperiale già riutilizzate e rinvenute all’interno della catacomba. Uscendo, accanto alla porta, è una preziosa tela settecentesca eseguita da Sebastiano Conca (1680ca-1764) raffigurante Sant’Antonio da Padova che predica ai pesci, nel porto di Rimini, il mistero della Trinità; il dipinto proviene dall’altare dedicato al Santo, nella Chiesa di San Francesco. Sulla stessa parete è un Crocifisso in legno di ciliegio, in origine policromo, di scuola umbro-senese del XV secolo qui traslato, secondo la tradizione, dal Convento del Crocifisso posto fuori Porta San Giovanni; le braccia della statua sono un tardivo e grossolano rifacimento. La figura è sormontata da un arco in maiolica con serafini, opera quattrocentesca della bottega di Benedetto Buglioni. Subito dopo, in una piccola nicchia è custodita una moderna immagine di Santa Maria della Pace (Marianna Giuliani), Francescana Missionaria di Maria, altra gloria di Bolsena.

Marianna, seguendo l’esempio di Cristina, a soli 25 anni offrì il collo alla spada del carnefice, a Tay-YuanFu in Cina, il 9 luglio 1900. Secondogenita di Arcangelo Giuliani ed Elena Fioravanti, nacque il 13 dicembre 1875 a L’Aquila, in Abruzzo, dove i suoi genitori erano stati temporaneamente trasferiti per ragioni di lavoro. Al fonte battesimale le fu imposto il nome di Marianna.

Subito dopo il battesimo la famiglia ritornò a Bolsena dove la fanciulla trascorse la sua infanzia, spesso senza sorriso e povera di affetti per i lutti e le tensioni all’interno del nucleo familiare. Nel 1884 i genitori, insieme al fratello maggiore Cencio, si trasferirono a Roma, mentre Marianna e la sorella Ida furono affidate agli zii materni, Nazzareno Fioravanti e Costantina Menichetti, per i quali la santa avrà sempre una filiale tenerezza. Dopo il ritorno a Bolsena della madre Elena e la sua morte prematura, avvenuta nel 1888 a soli 34 anni, gli orfani rimasero a carico dei parenti, i quali, soprattutto per quanto riguarda la loro educazione, si rivolsero allo zio P. Alessandro Paris, francescano. Questi affidò le adolescenti, Marianna e Ida, a Madre Maria della Passione, fondatrice delle Francescane Missionarie di Maria, che le accolse nella casa religiosa di Roma.

Marianna a soli 15 anni lasciò Bolsena, dove non ritornerà mai più. Iniziò così la sua formazione nei luoghi della nuova fondazione, da Chatelets a Parigi, dove rivestì l’abito candido delle religiose e prese il nome di Maria della Pace. Dopo brevi soggiorni ad Anversa, Vienna e Torino, il 12 febbraio 1899 raggiunse Marsiglia, da dove il 16 marzo salpò alla volta della Cina con alcune consorelle, per svolgervi la missione in favore di quelle popolazioni.

Le suore vi giunsero l’11 aprile e cinque giorni dopo, secondo l’uso della congregazione, le quattordici missionarie rinnovarono i voti: quello sarà anche il momento della loro separazione. Sette suore e, tra queste Maria della Pace, furono destinate alla missione di Tai-Yuan-Fu nella regione dello Shansi, dove giunsero il 4 maggio 1899. Alle missionarie fu affidata la cura dell’orfanotrofio, e la Nostra impartiva lezioni di cucito, di lavoro a maglia, di filatura e di ricamo, ed anche di canto.

La tranquillità che regnava nella missione fu rotta dalle notizie che giungevano da Canton e da altri centri, notizie inquietanti per quel vento di odio xenofobo che aveva iniziato a spirare forte e che considerava il Cristianesimo espressione di quell’Occidente imperialista che, per mere speculazioni economiche, minacciava di far vacillare le tradizioni di quell’enorme Impero. Le suore di Tai-Yuan-Fu, ignare dei programmi dei potenti, continuarono la loro opera di carità, nella pace e nella serenità, in contrasto con l’atmosfera rovente che ormai le circondava da ogni dove.

Il 27 giugno 1900, il vescovo Grassi annunciava alle sette missionarie “la speranza del martirio” e consigliò loro di disperdersi per le campagne, se volevano sfuggire all’imminente massacro; ma le suore vollero rimanere insieme al loro Pastore. Il 5 luglio, i vescovi Grassi e Fogolla, le suore, i padri francescani, i seminaristi, sedici laici cinesi e i missionari protestanti furono condotti nella casa mandarinale. Nel pomeriggio del 9 luglio, un’orda di Boxer irrompeva nella casa e trascinava tutti al tribunale vicereale, dove il furore e l’odio xenofobo guidarono le spade che colpivano ciecamente. Le suore furono lasciate per ultime e Maria della Pace, già amante della musica, intonò il Te Deum: la voce della piccola missionaria fu l’ultima a tacere e così il suo tenero cuore potè assaporare fino all’ultimo l’olocausto. Maria della Pace e Compagni Martiri sono stati beatificati da Papa Pio XII il 24 novembre 1946 e canonizzati da Papa Giovanni Paolo II il 1 ottobre del 2000.

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