

Uscendo dalla cappella dei Santi Andrea e Bartolomeo al lato del presbiterio passiamo nella navata sinistra dove, nella piccola cappella che si apre subito a destra, è custodita una pregevolissima statua lignea policroma raffigurante Santa Cristina, databile agli inizi del XV secolo, opera di un delicato artefice senese non lontano dai modi di Pietro d’Angelo di Guarniero e di Francesco Valdambrino; l’elegante tempietto dorato che la racchiude risale ad un quasi totale rifacimento, avvenuto nel 1878, di un altro realizzato nel 1620. È questa l’immagine ufficiale della devozione di Bolsena a Santa Cristina.
Anticamente il simulacro era condotto in processione nelle due grandi solennità che Bolsena tributava alla sua santa: il 10 maggio e il 24 luglio. Tramontata agli inizi del XIX secolo la festa di maggio, l’uso rimase solo per quella di luglio e ciò fino al 1990, anno in cui si decise di sostituirla con una copia, salvaguardandola così da possibili danneggiamenti.
Al di sotto della statua è custodito un reliquiario in argento e smalti, eseguito nel 1980 da Marcello Conticelli, su disegno dello scrivente, che racchiude i resti della Martire rinvenuti nel 1880, all’interno della sua tomba.
Sulla stessa parete su cui si apre la cappella è un portale romanico in marmo bianco, la cui esecuzione può collocarsi tra l’XI e il XII secolo. Quando nel 1693, si diede inizio alla costruzione della Cappella Nuova del Miracolo, venne completamente distrutta l’antica facciata della Grotta di Santa Cristina che si affacciava sulla Piazza delle Vergini; anche il vetusto portale fu tolto e nel 1697 rimontato dov’è attualmente. Non escludo però che esso in origine abbellisse l’ingresso maggiore della basilica.
Questo, secondo la tradizione locale, venne commissionato da Matilde di Canossa, tanto che ne porta il nome ancora oggi; interessantissimi i rilievi dei pilastri ma ancor più quelli che decorano l’architrave, la cui interpretazione iconografica rimane abbastanza enigmatica. Al centro della composizione, all’interno di un nimbo, è l’immagine dell’Agnus Dei, a destra è la scena dell’Adorazione dei Magi e alla sinistra un gruppo di figure, in piedi, sedute e inginocchiate, tra le quali ne è facilmente individuabile una femminile, seduta e coronata: certamente santa Cristina che sorregge un piccolo mulino per granaglie. E le altre, chi rappresentano? Forse Gregorio VII, che esaltò la Martire e ne consacrò la chiesa e figure di devoti oranti al seguito di Cristina? Forse il conte Bernardo, che nel 1115 donò al vescovo di Orvieto la chiesa della Santa, con i figli Ugolino e Pepone e la nuora Marotta, che devotamente seguono la Martire? Questa seconda ipotesi mi sembra la più attendibile. Non è chiaro se l’architrave sia stato concepito in origine per questo scopo o fosse nato come elemento decorativo di una diversa composizione architettonica; è chiaro, invece, che il portale è realizzato con elementi plastici di diversa natura e matrice creativa; la cornice che lo sovrasta è un’aggiunta posteriore, come sono anche adattati i simboli degli evangelisti Marco e Luca, mentre risultano della stessa qualità tecnica e formale e di precedente esecuzione gli stipiti con l’elegante decorazione fitomorfica. Da principio il portale era arricchito di colori, di paste vitree e di ornamenti metallici.

Sulla stessa parete sono appese due grandi tele raffiguranti Il martirio di santa Cristina e la Natività di Maria. Quest’ultima, opera di Francesco Trevisani (1656-1746), venne eseguita come pala dell’altare maggiore della chiesa francescana di Santa Maria, oggi San Francesco.
Il Martirio di Santa Cristina è invece opera di Andrea Casali (1720ca-1775ca); dipinta nel 1732 come pala dell’altare maggiore della basilica, fu commissionata dalla Comunità di Bolsena che allo scopo devolse 170 scudi; infatti l’arme della stessa compare sul basamento del trono di Giuliano. La pala venne tolta dal luogo originario nei restauri degli anni 20 dello scorso secolo e nel bombardamento del giugno 1944 subì danni gravissimi! Subito dopo, in una piccola cappella realizzata con materiali di recupero, è una statua policroma in legno di pino, raffigurante San Rocco, realizzata nel 1703 quando il Santo fu proclamato compatrono della città. La statua fu voluta dalla Compagnia del Corpo di Cristo per sostituirne una più antica deteriorata dal tempo.
S. Rocco di Montpellier a Bolsena ha goduto di grande devozione fin dalle origini stesse del culto al santo taumaturgo. La leggenda vuole che Rocco transitando sulla Cassia alla volta di Roma, dopo aver curato gli appestati nel lazzaretto di Acquapendente, soggiornasse nella nostra città e qui, dopo essersi dissetato dalla Fonte in Capite, chiese a Dio di tenere sempre lontano dalla città il flagello della peste. Nel XVI secolo i Bolsenesi eressero in onore dei santi Rocco e Sebastiano, una chiesa nell’area dell’attuale sagrato della basilica che venne poi demolita sullo scorcio del XVII secolo. In epoca relativamente recente la devozione al santo pellegrino si intensificò nella metà del XIX secolo a causa della epidemia di colera e, dopo il primo conflitto mondiale, per la pandemia di spagnola. Oggi la devozione mantiene viva la tradizione della benedizione dell’acqua della fonte alla quale il santo si sarebbe dissetato.
Accanto, in alto, è una tela secentesca che rappresenta San Carlo Borromeo in preghiera, proveniente dall’altare dedicato al Santo nella stessa navata. Sulla parete interna della facciata, ai lati dell’ingresso, sono ancora due tele settecentesche, quella alla sinistra rappresenta Sant’Andrea condotto al martirio; opera di Francesco Bertosi, su disegno di Francesco Trevisani, e proviene dall’altare del Santo nella chiesa di San Francesco; quella alla destra, di minor pregio, raffigura la scena della Tentazione di Sant’Antonio abate.